Sinodo, la capacità di essere un “noi”

Chiesa Cattedrale, Celebrazione conclusiva del I Sinodo diocesano
14-10-2017

Oggi è un giorno che segnerà la storia della nostra Diocesi, che, dopo un anno intenso di lavoro conclude il suo primo sinodo, avviato al termine della Visita pastorale.
Al poco tempo a disposizione – appena dodici mesi! – ha supplito la generosità e l’entusiasmo di tanti, laici e sacerdoti, che si sono posti con passione a servizio di questo speciale momento ecclesiale, arginando e stemperando anche la sfiducia e il pessimismo di alcuni.
Guardando a quello che lo Spirito ha suscitato nella nostra Diocesi, viene da pensare che il Sinodo ha già raggiunto un grande risultato facendoci percepire come l’unica Chiesa di Alife-Caiazzo e portandoci a pensare che la sinodalità non è legata ad un evento particolare, ma va vissuta e ed esercitata quotidianamente a tutti i livelli: parrocchiale, foraniale, diocesano, perché una Comunità cristiana che opera diversamente rinnega il proprio essere e la propria missione e rischia di rendere evanescente il progetto del Regno.

Nel Sinodo abbiamo analizzato con preoccupazione e con dolore le rughe e le ferite della nostra Chiesa, ma abbiamo anche constatato che il Signore, nonostante le infedeltà e i limiti, nostri e delle generazioni passate, ci conduce ancora verso i suoi sogni.
È stato molto bello notare il clima sereno con il quale nelle sessioni sinodali e nelle fasi preparatorie abbiamo parlato dei problemi, delle carenze e dei ritardi della nostra Diocesi, con il desiderio di recuperare alla nostra Chiesa la bellezza che il Signore progetta per lei. È stato altrettanto bello, scoprendo i doni del Signore che la arricchiscono, veder maturare la certezza che i sogni sono possibili e che il futuro sarà pieno di sorprese se,
come i pellegrini di Emmaus, ci lasceremo riscaldare sempre più il cuore dalla Parola del Signore e guidare dal suo Spirito.

Le Letture, appena proclamate, ci illuminano sul senso dell’evento celebrato e della missione della Chiesa nel nostro territorio.
Tutto nasce, ci ricorda il Vangelo di Matteo (16, 13-19), dal nostro rapporto con Gesù. Se è autentico ed espressione di amore e di passione condivisa per il Regno, rende ciascuno di noi artefice di quella umanità nuova – la Comunità dei discepoli del Signore –, cui è legata la riuscita della Storia e delle piccole storie dei nostri territori. Pertanto, per scoprire se il Sinodo segnerà la nostra Chiesa o sarà soltanto un episodio da affidare agli storici o ai ricordi personali, ognuno di noi è chiamato a rovistare nel suo cuore alla ricerca di un po’ di amore per il Signore e a chiedersi: essere cristiano per me significa voler bene a Gesù? Il mio essere fedele laico, religioso, prete o vescovo si fonda su una passione per Dio e per i fratelli, simile a quella che brucia nel suo Cuore?
E’ la risposta positiva alla domanda posta da Gesù a Pietro e a ciascuno di noi che ci configura, come ci ricorda la seconda Lettura, pietre vive di quell’edificio spirituale stabilito sulla “pietra d’angolo, scelta, preziosa”. E’ proprio quel pizzico d’amore per Gesù, custodito e alimentato nel nostro cuore e condiviso con i fratelli – sembra suggerirci la Parola – che può garantirci la possibilità di diventare “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di Lui” (1Pt 2,4-9). È tutto un trend positivo che possiamo mettere in moto, se amiamo il Signore con tutto il cuore.
Questa stessa prospettiva ci suggerisce, nella I Lettura, l’immagine dell’acqua che sgorga dal tempio (Cfr. Ez 47,1-2,8-9.12). Essa si contrappone alla staticità dell’edificio sacro che, a prima vista, appare come uno spazio ostentatamente sicuro, separato e indifferente al deserto e all’insalubrità delle acque, cioè al mondo e alle sue vicende. Com’è stato ricordato nel Sinodo, occorre confessare con umiltà che troppo spesso tale visione affascina molti di noi, portandoci a chiuderci, rassegnati, nei nostri spazi e servizi sacri, a fare delle nostre parrocchie luoghi asfittici e senza
slancio, spesso interdetti ai giovani e a quanti sono in ricerca, e a parlare del futuro soltanto al condizionale…

A questo proposito, il Sinodo è stata l’occasione per porci domande serie e cioè: dalle nostre comunità scaturisce “acqua viva” capace di fermare e sanare corruzione, egoismi, violenze, soprusi ed altri fenomeni preoccupanti che stanno stravolgendo la vita delle nostre zone? Siamo preoccupati di cercare nel tempio sicurezze per i nostri individualismi, il nostro quieto vivere, la nostra rispettabilità, il nostro prestigio personale, chiudendo gli occhi sulle tante ingiustizie del territorio, o siamo impegnati a far scaturire dalle nostre esperienze di fede profezia, onestà, servizio al bene comune, rispetto per le persone e l’ambiente, capacità di schierarsi con i poveri e gli oppressi, coraggio di dire la verità a tutti e soprattutto ai potenti?
Il Sinodo, ricordando le responsabilità di noi cristiani verso il territorio, ci ha indicato anche le enormi potenzialità che le nostre comunità, diocesana e parrocchiali, racchiudono in sé, per farlo rifiorire, attraverso la conversione pastorale delle nostre strutture, spesso bloccata da montagne di accidia, di paure e di superficialità; l’ardore missionario; l’andare verso le periferie esistenziali… Si tratta di un compito grave e ineludibile, cui ci sollecitano quanti, anche se criticandoci, guardano a noi per vivere una umanità autentica, attendendo da noi parole e gesti nuovi che profumano di Vangelo.

Fra poco leggeremo il Decreto con cui si dichiara concluso l’evento sinodale, consapevoli che esso ha tracciato, nella storia della nostra Chiesa, un solco che va molto al di là delle disposizioni contenute nel Libro del Sinodo, che motivi tecnici impediscono di consegnare stasera. Esso sarà affidato a ciascuno di voi e alle vostre Comunità nei prossimi mesi, quando in questa Chiesa, di fronte alla Cattedra del vescovo, sarà collocata anche una lapide a ricordo del Primo Sinodo della Diocesi di Alife-Caiazzo, accanto all’icona dei discepoli di Emmaus.
Quella di stasera rimane tuttavia la Celebrazione che segna un nuovo punto di partenza e un nuovo inizio, in cui innestiamo, il cammino
pastorale dell’anno che ci attende. In questa occasione vorrei consegnare a tutti cinque parole chiave per avviare il dopo sinodo: PASSIONE: l’annuncio del Vangelo e il rinnovamento delle nostre Comunità non decolleranno senza preti e cristiani appassionati e disposti a mettersi in gioco per il Regno; GIOIA dell’incontro con il Signore: le nostre Chiese saranno sempre più vuote di domenica e piene soltanto di gente che compie doveri di convenienza in circostanze sociali particolari, se non faremo percepire attraverso la cura della dignità e della pregnanza spirituale della liturgia che lì accade qualcosa di alto e di speciale, che lì si incontra Colui che rappresenta la grande opportunità della nostra vita; PREMURA che nasce dal nostro sguardo di fede verso i fratelli e porta a farsi carico dei poveri e degli ultimi e dei tanti drammi e ferite del nostro territorio; SINODALITA’, che ci fa guarire della malattia dell’individualismo e, ci porta ad essere costruttori del NOI e valorizzatori del dono di ciascuno per il bene comune; RISPETTO per i beni della Chiesa e dell’eredità a noi consegnata dalla fede delle generazioni presenti e passate, da amministrare con scrupolo, trasparenza, competenza e somma cura.
Ve le affido perché rappresentino gli indicatori di marcia della nostra Chiesa del dopo Sinodo e la rendano realtà che, rinunciando all’immobilismo ed alla incapacità di osare, acquista significato e legittimità nei rapidi mutamenti che caratterizzano il nostro tempo e il nostro territorio, continuando ad essere percepita come madre e maestra di vita, e via al futuro di Dio.

Concluderemo questa celebrazione col canto del Te Deum per ringraziare il Signore che, con il suo Spirito, ci ha guidato in questo cammino sinodale. Alla riconoscenza al Signore vogliamo unire la gratitudine per quanti hanno lavorato per la riuscita del Sinodo, particolarmente la Segreteria, le Commissioni e i membri sinodali. Affideremo loro e l’intera nostra Chiesa, ai Santi Protettori che sempre accompagnano il nostro cammino ecclesiale e anche stasera, attraverso le loro preziose e care immagini, si sono resi presenti in questa Assemblea liturgica.
Insieme guardiamo a Maria Assunta in Cielo, la cui icona ha dominato i lavori del nostro Sinodo, invocandola nostra fiducia, guida della nostra fede, madre e modello di quella Chiesa che vogliamo sempre più bella e splendente nel nostro territorio, per portare vita e speranza e testimoniare, con la gioia del Vangelo, la possibilità di ogni uomo di essere felice perché amato da Dio.

Piazza Vescovado, Alife, CE, Italia