Anche noi da Papa Francesco

La Caritas diocesana partecipa alal Giornata mondiale dei Poveri

In occasione della III Giornata mondiale dei poveri (17 novembre) la Caritas diocesana di Alife-Caiazzo, insieme ai gruppi Caritas parrocchiali, accompagnate dal direttore dell’Ufficio, don Alessandro Occhibove, hanno partecipato alla Celebrazione eucaristica presieduta da Papa Francesco, nella Basilica di San Pietro. Vi proponiamo la testimonianza a firma di Annamaria Tartaglia e Amalia Fontana, volontarie del Servizio Civile diocesano.

Il tempo uggioso, “forti precipitazioni” anticipava il meteo, la sveglia messa in piena notte, la partenza alle 4.30: ma cosa può fermare un gruppo di volontari quando la motivazione è tanto nobile? Nello zaino ombrello, impermeabile, lo stretto necessario e tanto spazio per tutte le incontenibili emozioni della giornata.
Partire così presto ha consentito loro di essere tra i primi ad entrare nella Basilica di San Pietro, le emozioni iniziano già da lì: il silenzio è l’unica risposta davanti a tanta bellezza.
La Basilica è praticamente vuota, un’immagine totalmente diversa da quella che poi, di lì a poco, avrebbero trasmessa in televisione, un fiume di persone venute da ogni parte d’Italia e del mondo.
Poco a poco tutti i posti vengono occupati, arriva la schola cantorum, iniziano le prove, tutto è molto solenne.
Una voce annuncia in italiano, in inglese e in spagnolo che l’ingresso del Santo Padre è imminente, raccomanda partecipazione. L’ingresso del Papa, il coro così soave, le luci si accendono, l’emozione è tangibile.

Le letture nelle diverse lingue, stringere le mani per il segno della pace a persone mai viste, che non parlano neppure la stessa lingua, rende quel gesto pieno di significato, lo stesso che Gesù gli aveva attribuito, pace tra i popoli, tra le Nazioni. Le parole del Papa sono semplici, concise e serene.
Il Santo Padre nell’omelia ci ricorda che, nel Vangelo appena annunciato, Gesù ci dice che quasi tutto passerà, ma non tutto. Egli spiega che a crollare e a passare sono le cose penultime, non quelle ultime: il tempio, non Dio; le vicende dell’umanità, non l’uomo.
Per aiutarci a cogliere ciò che conta nella vita, il Signore ci mette in guardia da due tentazioni. La prima è quella della fretta, del subito: non va seguito chi diffonde allarmismi, alimenta la paura dell’altro e del futuro, perché questa paralizza il cuore e la mente. “Se ci affanniamo per il subito dimentichiamo quel che rimane per sempre, inseguiamo le nuvole che passano e perdiamo di vista il cielo”, ricorda infatti il Santo Padre. Si va di fretta, senza preoccuparsi che la bramosità di pochi accresce la povertà di molti.

La seconda tentazione è quella dell’Io. Infatti, “il cristiano come non ricerca il subito ma il sempre, non è il discepolo dell’io ma del tu”. Bisogna parlare la stessa lingua di Gesù, quella dell’amore, la lingua del Tu. La Parola di Dio ci spinge ad una carità non ipocrita, a dare a chi non ha da restituire, a servire senza ricercare ricompense e contraccambi.
I poveri sono preziosi agli occhi di Dio perché non parlano la lingua dell’io e ci ricordano che il Vangelo si vive così, come mendicanti protesi verso Dio. Stando con i poveri, servendo i poveri comprendiamo i gusti di Gesù, che cosa resta e che cosa passa. Tornando così alle domande iniziali, conclude Papa Francesco, “tra tante cose penultime che passano il Signore vuole ricordarci oggi quella ultima che rimarrà per sempre: l’amore. Perché Dio è amore e il povero che chiede il mio amore mi porta dritto a lui. Loro ci facilitano l’accesso al cielo, per questo il senso della fede e del popolo di Dio li ha visti come i portinai del cielo”. La Messa è finita, sembra essere durata così poco, ma al contempo così tanto da trasportare tutti in un’altra dimensione, immersi nella parola di Dio.

La giornata continua con l’Angelus, riprende a piovere e piazza San Pietro dalla finestra del Papa deve essere un tripudio di colori, ombrelli colorati che sembrano ricordare tutte le nostre diversità, uniti dalla lingua dell’amore.
Questa giornata dei poveri non può che essere all’insegna della carità, quindi è stata doverosa una visita alla Basilica di San Paolo fuori le mura, dove è il momento per la lettura dellInno alla Carità di San Paolo.
Il soggiorno romano si è concluso con le parole di don Alessandro, il quale ha ringraziato tutti gli operatori per il loro impegno quotidiano e, facendo proprie le parole di San Paolo e del Pontefice, li ha esortati a continuare e migliorare sempre più il volontariato al servizio dei meno fortunati.

Fonte Caritas diocesana