Nella festa di tutti i Santi, “noi quale amore lasceremo sulla Terra?”

Al cimitero di Alife la messa con il vescovo Mons. Orazio Francesco Piazza

Parlare di Santi, ma non pensare “lontano”.
Parlare di santità e volgere lo sguardo ai più cari, ai vicini, a quanti ci hanno preceduto nella vita e di sè hanno lasciato il caro ricordo di gesti forti nella carità, nella testimonianza evangelica, nel sostegno donato.
Nella festa di Ognissanti, il vescovo Orazio Francesco Piazza, amministratore apostolico diocesano, ha presieduto la messa presso il cimitero di Alife, e ha parlato ai fedeli unendo il valore delle due celebrazioni che la Chiesa colloca, l’una dopo l’altra, il 1 e 2 novembre: la festa dei Santi, di coloro che vivono nella gioia e nella visione di Dio per i meriti di una vita donata in nome del Vangelo, e il ricordo dei cari defunti esempio di santità quotidiana per quanti li hanno conosciuti e beneficiato della loro amorevole presenza: “È questo caro ricordo a non farci temere quelle pietre che ci separano da loro, ma a pensarli con serenità e con gioia e a predisporci, nella vita di adesso, a simili gesti di carità fraterna, al buon esempio da lasciare per chi dopo ci ricorderà…”.

Dalla parola tribolazione che attraverso la prima lettura di questa festa rivela la condizione tutta umana che anticipa la santità, Mons. Piazza ha recuperato la visione della vita di coloro che oggi sono beati davanti a Dio, “ma non senza l’esperienza terrena del dolore e della sofferenza, del dispiacere e della prova”: la dimensione di chi ha vissuto la tribolazione – il vescovo ha richiamato le prove di San Francesco, San Giovanni Paolo II, Santa Teresa di Calcutta –  è tuttavia trasformata dalla scelta di “lavare le proprie vesti nel sangue dell’Agnello”, cioè di essere tanto simili a Cristo, di essere in Lui, immersi nella sua santità che trasforma, affidati totalmente a Gesù vivendone la comune esperienza di fede.
Come? In  che modo? È la mensa eucaristica il primo incontro che cambia la sorte di chi è nella sofferenza, ma anche le scelte quotidiane in nome del Vangelo: “quando nella vita applichiamo il principio dell’amore e della reciprocità, di quel legame che ci rende capaci di dare il meglio di noi anche nelle situazioni più difficili (…)  allora si riesce a sopportare la tribolazione e a trasformarla in qualcosa che ci rimane come eredità viva”.

Da questa condizione a quella di beati, descritta nel Vangelo di questa giornata attraverso la scena in cui Gesù consegna ai suoi discepoli un metodo “perchè altrimenti dalla tribolazione si fa presto a passare alla disperazione” e allora li chiama ‘felici’ perchè già orientati sulla via della santità con la scelta coraggiosa di essere operatori di paceperseguitati per la giustiziapoveri in spirito… 

“Un cuore legato all’amore verso il Signore e verso la vita” è stata la consegna di Mons. Piazza ai presenti, un chiaro invito a raccogliere l’eredità dei Santi di Dio e quelli a noi accanto, perchè la testimonianza di chi è passato stimoli oggi i credenti a operare nel bene. Un invito a cui è seguita da parte del Pastore, la domanda: “chi verrà dopo di me, quando leggerà il mio nome, potrà dire che gli ho lasciato un po’ di amore? Un po’ di affetto…? Potrà dire che avrò dato qualcosa che vale per sempre…?”

Fonte Clarus