Tutela dei minori, la Chiesa stringe la morsa. Tolleranza zero per i colpevoli

La Campania è la prima regione italiana a muoversi e concretizzare i percorsi. La Diocesi di Alife-Caiazzo si affida alla competenza del Centro diocesano per la Famiglia "Mons. Angelo Campagna"

Si è tenuto sabato 6 luglio presso la Sala Toppi del Santuario di Pompei il primo incontro della Commissione Regionale per la “Tutela dei Minori e delle persone vulnerabili” guidata dal Vescovo referente per la Campania, Mons. Domenico Battaglia vescovo della Diocesi di Cerreto Sannita-Telese–Sant’Agata dei Goti, coadiuvato da Mons. Tommaso Caputo, Arcivescovo di Pompei.

Seguendo le linee guida nazionali la Conferenza Episcopale Campana è la prima Regione d’Italia che si è attivata nel nominare e nell’incontrare i referenti diocesani per la tutela dei minori a seguito delle ormai troppe vistose, deleterie e preoccupanti situazioni di abuso, vessazione e sevizie di minori adoperate dal clero cattolico in diverse parti del mondo. Un’opera iniziata da Papa Benedetto XVI e in via di perfezionamento con Papa Francesco desideroso di mettere un freno le numerose e dolorose vicende che
hanno visto allontanare diversi presbiteri e decine di Vescovi a seguito della denuncia delle vittime (scarica il documento di Papa Francesco, Vos Estis lux mundi).

Per la Diocesi di Alife-Caiazzo è stato presente il dr. Davide Cinotti, psicoterapeuta e Direttore del Centro Diocesano per la Famiglia “Mons. Angelo Campagna” nonché Referente per la Tutela dei Minori che ha avuto modo di confrontarsi con gli altri referenti delle Diocesi campane che sono intervenuti.

Di cosa si è parlato? Della necessità di instaurare in ogni Diocesi uno sportello d’ascolto per le vittime di abusi da parte dei sacerdoti e delle altre figure che ruotano intorno alle realtà ecclesiali, sia minori che adulti (che hanno subito abusi anche anni prima in età scolare). Ogni vittima ha il diritto di essere ascoltata, accolta, accudita e seguita da parte dell’équipe che dovrebbe essere composta da uno psicoterapeuta referente, un legale esperto di diritto canonico, un esperto di servizi sociali e un sacerdote che abbia il compito di recuperare spiritualmente sia la vittima ma anche l’abusante.
Ciò non pregiudica un ulteriore diritto della vittima, cioè la denuncia alle autorità giudiziarie competenti.

Quindi da un lato il Vescovo è tenuto a sapere e ad intervenire dopo essere stato informato dal referente o direttamente dalla vittima, dall’altro le Forze dell’ordine e i giudici del Tribunale dei Minori si occuperanno del caso secondo le disposizioni di legge. Si è discusso delle formule da attuare, delle modalità di intervento e di alcune casistiche e statistiche già presenti nel nostro territorio.

Oltre che ad ascoltocomprensione e recupero altra parola d’ordine è prevenzione.
A partire dal filtro che si deve esercitare nei seminari dove il giovane che richiede di intraprendere il percorso seminariale dovrà essere sottoposto ad accurate indagini in cui prevalga la sua integrità morale, l’equilibrio mentale, uno stato psicofisico moderato ed esente da gravi conflitti psichici nell’area della sessualità e della relazione interpersonale e familiare. Devono esserci quindi dapprima requisiti psicologici idonei per entrare in seminario e poi quelli puramente vocazionali che si valuteranno nel tempo. Così come al fianco dei preti, o di quelli che ne fanno richiesta, devono esserci figure esperte nella comunicazione e in psicologia.

La Chiesa deve recuperare e deve garantire a tutti i fedeli la massima cura e la difesa da ogni tentativo di distruzione della vita psichica di un minore. Una Chiesa aperta al dialogo, autocritica, pronta a riabilitarsi dopo le ferite inferte da scellerati sacerdoti che hanno macchiato l’innocenza di molte vittime. È un momento di tolleranza zero verso queste situazioni raccapriccianti, ma nello stesso tempo bisogna placare la tendenza alla “caccia alle streghe” che potrebbe determinarsi. Per cui sarà importante anche un’opera di discernimento caso per caso eseguito con molta delicatezza.
È stato chiarito che non bisogna arrivare all’abuso per avviare l’iter di denuncia ma bastano seduzioni, vessazioni, insulti, provocazioni e un linguaggio poco consono a quello che dovrebbe avere un sacerdote per intraprendere per lo meno un percorso di richiamo all’ordine dello stesso e l’inizio di un percorso terapeutico e di ascolto, sia della vittima
che del presbitero. Come detto all’inizio ciò vale sia per i sacerdoti che per tutte quelle figure tipo educatori, catechisti, formatori etc.. che in ambito ecclesiale nei vari progetti e attività si relazionano con minori e giovani, vulnerabili o meno che siano.

Gli sportelli di ascolto si instaureranno nelle sedi dei consultori familiari diocesani, lì dove esistono, mentre nelle Diocesi che sono ancora sprovviste di tali realtà sociali dovranno predisporsi presso la Caritas diocesana o in altri uffici di curia. L’importante è che sia
visibile la loro presenza, che sia promossa attraverso i canali dedicati e sia soprattutto molto attiva. È una fase epocale per la Chiesa pronta a “disinfettare le piaghe infertegli” e a difendere i più fragili e vulnerabili, per la prima volta nella sua storia comincia un rinnovamento dettagliato e deciso. Prossimo incontro a settembre.

Fonte www.clarusonline.it